martedì 14 luglio 2015

Digressione prima della conclusione (ultimi versetti): Gesù e l’universo femminile.

Il mondo antico, come l’ebraismo, era androcentrico.  La donna era considerata inferiore e spesso impura, ingannatrice, furba e pettegola, infida e vanitosa. Non vi era un rapporto psichico tra uomo e donna e con la femminilità. La donna era un “non-prossimo “con la propria specificità e stile di vita. L’uomo non era in grado di comprendere le forme e i modi di manifestazione del femminile, gli risultavano incomprensibili.
I criteri di valutazione maschili, considerati assoluti come la razionalità, l’impegno produttivo e la legalità erano in conflitto con valori specifici femminili come  “la recettività, l’apertura, la disponibilità al contatto, la percezione e la valutazione della realtà sul piano dei sentimenti, la spontaneità, la sensibilità non razionale per la realtà concreta” (Hanna Wolff, psicoterapeuta).  
A questo conflitto l’uomo reagisce spesso in un solo modo: con la collera. Proietta sulla donna la propria incapacità di comprendere un universo diverso dal suo, non accetta la differenza perché non in grado di capire. Vede la donna con i propri modelli e schemi interiori non per ciò che è ma per ciò che crede che sia.

Gesù è “fuori” da questa logica: non è mai in collera con nessuna donna, non le nega valore e non la critica. Gesù si circonda di donne, entra nelle loro case senza nessuna preoccupazione (non era consentito salutare una donna per strada). Gesù è “pieno” di donne: adultere, vedove, nubili. Gesù comprende  e condivide, fa propri, anche i valori e il tutto l’intero universo femminile, non escludendo nulla.

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